Per crescere come fotografi (oltre che come esseri pensanti) abbiamo tutti bisogno di tenere aperti i canali della cultura e di frequentare quante più occasioni possibili di stimolo ai nostri neuroni.
Come già ti invitavamo a fare nel post 30 modi per rimanere creativi, per esempio, precisamente al punto 13: vai alle mostre.
Naturalmente intendevamo mostre di qualsiasi tipo, da quelle fotografiche a quelle di arte varia. Oggi, nello specifico, ti invitiamo a visitare la mostra che al complesso monumentale del Vittoriano a Roma si dedica a Eduard Hopper. Durerà fino a febbraio, quindi hai tempo. Potresti addirittura organizzare un gruppo e usufruire dello sconto dedicato e magari decidere che nella stessa visita a Roma includerai anche la visita ai dipinti del Caravaggio nella chiesa di San Luigi ai Francesi, fare una scorpacciata di maestria e tornartene a casa. Non è fantastico?
Perché proprio Hopper? Perché la sua pittura, tra gli artisti del ‘900, è quella che più immediatamente ci richiama al taglio propriamente fotografico delle immagini.
Intrisa come è di vita americana, inoltre, la sua arte è pregna di quella specifica quotidianità. E la scelta di soggetti e di tagli così inusuali nella pittura di quel secolo potrebbero essere di grande ispirazione.
Aderendo alla corrente del realismo, Eduard Hopper era maestro (e gli viene finalmente riconosciuto anche con questa mostra) nel sottolineare la solitudine delle donne, che ritratte per lo più in atteggiamenti pensosi, in ambienti spersonalizzati. Non privo di un certo sarcasmo fu capace di inserire come unico elemento caldo in un ritratto di donna, un piccolo cesto di frutta, alle spalle della modella, distante nella desolazione di un caffè deserto, nel famoso Automat, vagamente ispirato a La bevitrice di assenzio di Degas (dove quest’ultimo sottolinea la solitudine delle donne ritraendole per lo più affianco a uomini con i quali non hanno nulla a che fare, mentre Hopper le dipinge isolate e solitarie). Seppe pure tradurre in pittura il senso di scollegamento dal mondo degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra nell’ancora più celebre Nightwalks che avrai visto riprodotto molte volte.
Vedere dal vivo 60 delle sue opere, in mostra al Vittoriano, potrà regalarti sensazioni forti, potrei addirittura scommetterci.
Insomma, ti ho incuriosito?
Sarebbe ulteriormente forte, di ritorno dalla gita Romana, ritrovarsi qui o dal vivo al Caffè Fotografico, per parlarne insieme…
(m. p.)
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