Il progetto “La Trottola” ovvero come nasce un reportage in pochi minuti.
Un reportage dovrebbe essere il frutto di una lunga attesa, di un lungo lavoro, e in questi scatti in effetti c’è un’attesa, lunghissima.
Un’attesa che dura dal settembre 1999, dalla morte di mio padre, (morte del padre, anche non fisica, che in psicologia dovrebbe coincidere con la piena maturazione di un uomo).
Poco prima di lasciarci mio padre aveva giocato, dopo tanto tempo, con una trottola di legno, di quelle fatte a mano.
L’aveva avvolta, caricata direbbe lui, con una corda sottile e poi lanciata, e poi raccolta con due dita, tre dita e infine fatta girare sul palmo della mano.
Ci aveva raccontato di quando giocava con gli altri ragazzi a colpire a vicenda la propria trottola.
Infine ci disse che la sua trottola l’avremmo ritrovata un giorno…
Proprio la memoria dello “strummolo”, al trottola nel dialetto di mio padre, ha fatto sì che incontrando quei ragazzi per le strade di Cuba lasciassi andare il cuore, accettando di essere prima spettatore privilegiato di un momento così intenso e poi attore io stesso nell’annullare il diaframma del mio “20 mm” per affidare un “riportare” al mio essere uomo-fotografo.
La trottola, testamento di mio padre ha ricominciato a girare o forse non ha mai smesso.
Luigi Grieco
Commovente quanto realistico. L’esempio è quello più calzante, chiaro, preciso e diretto. Tanto diretto che il messaggio l’ho capito anche io ^_^
Veramente toccante.
Come sempre, grazie.
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Grazie a te Luca per aver condiviso il tuo pensiero, un lavoro diventa interessante nella misura in cui “arriva” alle persone, se poi hanno la tua sensibilità ancora meglio. LG
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