Oggi parliamo di leggerezza.
Potrei citare almeno mille ragioni contrarie, di pesante attualità, a causa delle quali in molti sentiamo l’anima plumbea.
Non le ignoro. Graffiano, una a una, ci lasciano storditi di dolore, impotenti e sciocchi a guardare l’orizzonte, che una speranza la dobbiamo pure cercare da qualche parte…
Obbiettivo agli occhi, ruotiamo la macchina fotografica in verticale, orizzontale, riproviamo il verticale per risolverci infine in una diagonale fuori schema.
Il fatto è che le sentiamo le voci, ci rimbombano dentro: sappiamo! Nessuno scampo.
Non è dunque nell’esercizio dell’ignoranza che usciamo oggi, per un poco, dall’esoscheletro che ci riveste usualmente, e ci libriamo lievi alla ricerca di un fiato incontaminato.
Sospensione, dunque, non ignoranza.
Al pari della tecnica fotografica che va imparata per poi dimenticarla quando finalmente si scatta, abbiamo imparato a dare attenzione alle notizie, agli umori, ai fatti e per un poco li mettiamo da parte.
L’importanza della leggerezza si avverte soprattutto in sua assenza, quindi ogni tanto (almeno ogni tanto) dedichiamole del tempo. Essa non è vacuità, bada bene, è semplicemente so-spen-sio-ne necessaria per non cadere nella trappola ben raccontata, per esempio, da Milan Kundera in L’insostenibile leggerezza dell’essere (Adelphi, 1985).
Alla base del romanzo un concetto elementare: la vita è irripetibile e dentro ad essa ogni singola azione lo è. Vivere con leggerezza diventa perciò fondamentale. Eppure tutto ciò che scegliamo o consideriamo inizialmente come leggero rivela presto il suo incredibile peso.
Saremmo perciò fregati?
No se, putacaso (parola interessante), riuscissimo ad esprimere creativamente la leggerezza. Con una fotografia, magari, che sappia volare via vista e non vista, a creare una suggestione anche per altri, che faranno fatica a rintracciarla nella memoria pur sentendola dentro di loro.
Facciamo così: da questo blog, oggi, ti arrivi un augurio sentito (per quanto lieve) di librarti lieve anche tu, almeno per un po’, almeno ogni tanto, che tanto di tornare a piombo c’è sempre tempo.