Vorrei che la fotografia ritraesse gli uomini che hanno un pensiero sulla fronte e facesse arrossire gl’ipocriti che portano nello sguardo l’anima bugiarda.
(Libero Bovio, 1883-1942)
«Nel fotografare, dunque, sono implicati anche problemi morali, rapporti con gli altri e con la vita, professionalità, scelte. Il discorso è valido per chiunque decida di lavorare con la macchina fotografica: fotogiornalista o dilettante che sia, appassionato, freelance o anche soltanto “scattino” della domenica. Che lo si voglia o no, chi fa il fotografo deve assumersi precise responsabilità, e fare scelte che non rimangono soltanto chiuse nell’ambito personale. Insomma, molto più spesso di quello che non si creda, fare fotografie diventa, anche oltre le intenzioni, un atto pubblico.»
Lo scriveva Wladimiro Settimelli in La fotografia un librino pubblicato nel 1982 da Editori Riuniti che salta ora fuori da uno scaffale a dirci di fare attenzione, di metterci cura, di non sprecare quel che inquadriamo nel nostro mirino. Lo spreco, nel nostro tempo, ormai così tecnologicamente lontano da quello di Settimelli ha a che fare anche con il rapido consumo delle immagini.
Come per ogni altro conseguimento, anche uno scatto va lasciato sedimentare prima d’essere condiviso. In fotografia come nella respirazione usiamo il diaframma. Non è un caso. Lasciamo che l’immagine fermata dalla nostra camera respiri, assumiamoci le nostre responsabilità e respiriamone ogni vibrazione prima di rimandarla al mondo. Se ci convincerà anche dopo una minima sedimentazione (in un cassetto, stampata, materica, toccata con le mani e messa lì) vorrà dire che sarà pronta per respirare a lungo.
Di quanto in alcune parti del mondo fotografare corrisponda a rubare l’anima di chi ritraiamo parleremo in un’altra occasione. Per questa volta l’invito è a rendere grazie per ogni immagine che riusciamo a fermare. Non sprecarne nemmeno un angolino consumandola troppo in fretta. E per concludere l’invito è anche ad abbassare il punto di vista, ogni tanto. Ad altezza di bambino volgere lo sguardo all’alto, dal basso. È solo abbassandosi che ci si può elevare.
(mp)
Quando fotografiamo non facciamo altro che trasferire con la luce quello che vogliamo che gli altri vedano, quando fotografiamo un volto che sia di un adulto o di un bambino non facciamo altro che trasferire il sentimento che si ha in quell istante , ma per avere ciò bisogna prima entrare in quell anima con discrezione e delicatezza e guardare con gli occhi del cuore, trovare il momento giusto ……cogliere l attimo…..
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