Il mio professore di italiano delle scuole medie, nonché virtuoso suonatore di chitarra classica, usava sempre il verbo “ centellinare “ per descrivere l’assunzione del caffè; che poi per lui rappresentava un vero e proprio rito.
Accarezzava la tazzina, prima di portarla alla bocca, una decina di volte in non ricordo quanti minuti.
Per me, fino a quel momento, il caffè era sinonimo di velocità, vuoi per la minima quantità somministrata vuoi per il luogo dove si serviva.
Anche nelle case, il suo consumo era una pratica sbrigativa, anche se preceduto dal borbottio lento della moka.
Durante i miei studi a Napoli, “ na tazzulella e café” era ritornata, per me , ad essere un rito e un mito.
Anche il gesto di proporlo ad un amico, con quel girare il polso all’altezza della bocca, era entrato a far parte di un immaginario collettivo.
E il caffè,da quello sospeso, al corretto, da quello lungo a quello corto, continua a mettere in pausa le mie giornate comunque frenetiche.
Luigi Grieco